20 settembre 2008

Finale per cuffia LX1444... Modificato!

Approfittando di una breve pausa di studio, ho ripreso un progetto che avevo iniziato almeno un anno fa.
Si tratta di un amplificatore finale per cuffia, che volevo collegare definitivamente al mio computer.
Ascoltando praticamente sempre l’audio in cuffia, ho percepito subito i limiti della mia scheda audio, sia in termini di potenza erogata che di banda. Le basse frequenze, in particolar modo, erano riprodotte con difficolta, e in effetti bisogna dire che lo stadio finale della mia "Creative Sound Blaster Live! OEM" non era stato pensato esattamente per pilotare delle cuffie da 40 ohm (quali sono le mie), ed era inevitabile che un’impedenza così bassa influenzasse pesantemente le doti dinamiche della scheda.
Non sono a conoscenza del valore dell’impedenza d’uscita della scheda, ma è presumibile che si tratti di un’uscita ad alta impedenza.

La scelta del finale.
Ho analizzato varie soluzioni, in quanto avrei potuto usare degli integrati finali tipo LM386 o TDA2822M in mio possesso, avrei potuto realizzare un semplice buffer a BJT, ed ho valutato persino un finalino valvolare presentato da Nuova Elettronica.

Visto il costo di quest’ultima alternativa (fuori dal mio “budget”), mi sono diretto verso un altro kit della medesima rivista, siglato LX1144 (reperibile nella rivista n. 167-168).

Si tratta di un finale da 1 + 1W RMS con ingresso a Fet e finale a Mosfet, una soluzione decisamente raffinata. Le caratteristiche “di targa” sono molto allettanti, e si può ottenere con facilità un guadagno di ben 30 dB.


La costruzione. Kit o millefori?
Dopo essermi informato, ed aver raccolto pareri uniformemente favorevoli per il kit in questione, ho deciso che l’avrei costruito.

Tuttavia, poiché avevo intenzione di modificarlo, non avrebbe avuto senso ordinare il kit completo; possedevo già tutti i componenti, e le mie modifiche avrebbero stravolto il circuito stampato, con esiti imprevedibili. Il circuito stampato fornito nel kit è infatti dotato di un piano di massa, che garantisce un’ottima immunità verso i disturbi irradiati, ma limita di fatto le possibilità di modifica.

Ho quindi raccolto tutti i componenti necessari, e, armato della proverbiale piastra millefori, ho replicato il circuito così come veniva proposto nella rivista.

Nonostante alcuni dettagli andassero modificati subito, l’ho ugualmente provato in questa configurazione “base”, e i risultato si sono dimostrati all’altezza delle aspettative.

Un suono palesemente diverso da quello “affaticato” che ero abituato ad ascoltare, le cuffie ora venivano pilotate con decisione anche nei bassi più profondi, conservando una banda più che ampia (i dati indicano una banda di 20-22.000 Hz, a +/- 1 dB!).

Pur non utilizzando uno stampato schermato dal piano di massa, non ho captato disturbi, eccetto forse il segnale del telefono cellulare nelle vicinanze; l’uso di una millefori ha pure i suoi limiti!


I limiti e le modifiche
Le mie uniche preplessità, a questo punto, riguardavano i punti deboli “noti” di questo kit.

Innanzitutto, i finali sono realizzati con una coppia complementare di Mosfet siglati IRFD.1Z3 e IRFD.9110, in package HD-1, molto simile ad un DIP a quattro pin. I progettisti di Nuova Elettronica avevano risolto brillantemente il problema della zoccolatura utilizzando uno zoccolo DIP da 8 pin, nel quale alloggiare il P-mos e l’N-mos di ciascun finale. Questa soluzione, seppur permetta di evitare la saldatura diretta dei FET, ha alcuni limiti.

Innanzitutto diventa difficile fissare qualsiati tipo di dissipatore, a meno di “incollarlo” direttamente ai finali, inoltre, vista la natura “ad incastro” dello zoccolo, c’è la possibilità che i transistor col tempo si stacchino dalla loro sede, con risultati ben immaginabili.

Poi, anche volendo utilizzare un dissipatore fissato esternamente allo stampato, ci si scontra con i condensatori di filtro, e col medesimo problema dell’”instabilità” dei Mosfet sullo zoccolo. Non è infatti il caso di applicare alcuna pressione all’insieme “Mosfet + Zoccolo”, per non piegare qualche pin. Insomma, si è costretti a lavorare con i Mosfet non dissipati, e, con le correnti in gioco, questi componenti tendono a scaldarsi considerevolmente.


Ho quindi disposto i Mosfet in modo leggermente diverso, saldandoli su un supporto rialzato, e prevedendo un dissipatore. Le immagini spiegano facilmente come ho fatto.

L'amplificatore è ancora allo stadio prototipale, i dissipatori sono ancora troppo vicini ai condensatori, ma con poche ulteriori modifche lo porterò all'assetto finale. Ecco il risultato, finora:


L'amplificatore privo dei transistor finali. Sono visibli gli zoccoli usati:



L'amplificatore con in finali al loro posto:



Il retro del finale. Si notano le grosse piste di massa (al centro), e le due piste per il 30V (che si estendono ai lati). Ho realizzato queste piste con rame più spesso, in modo da garantire la massima prontezza nei picchi di corrente.





Una visione d'insieme della tecnica utilizzata per montare i transistor su un supporto rimovibile e robusto. Ingrandendo l'immagine si nota facilmente il "trucco".




Tutte le immagini sono visibili a piena risoluzione su PICASA.

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